Post

Visualizzazione dei post da febbraio, 2013

L'AUTOSTOPPISTA (10)

hanno sofferto poco le asperità della vita. Conoscono bene questo furgone, la ditta è Svizzera ed è nota a tutti. Passo quasi tutte le settimane la frontiera per venire a Bologna, o a Milano, per portare o prendere merce, come in questo caso, pezzi utili per il lavoro; loro ficcano sempre il naso dentro il furgone, le assicuro che lo fanno per pura formalità, in realtà non controllano niente.»      Il viaggio fino a Berna scorre veloce e silenzioso fino a quando Bruno chiede a Leo dove lo deve lasciare.   «Alla fine di questa strada, a mia figlia piacciono molti i fiori ed io non arrivo mai a mani vuote.»   Leo scende dal furgone e saluta tutti. C’è un fioraio nelle vicinanze, prende dei fiori e si rimette in cammino.   Il luogo dove finisce il suo viaggio, come tutta la Svizzera, è pulito, lindo e preciso.   L’autostoppista è arrivato, ad attenderlo non c’è la figlia con le nipotine. Si avvia con passo greve tra tombe e piccole cappelle, fino a fermarsi davanti a

L'AUTOSTOPPISTA (9)

  «Prendo lo stesso treno, dai a me, ci penso io.»   «Grazie signore, io l’avevo detto a mamma che era troppa la roba.»   «Che ci vuoi fare, le mamme sono fatte così, spingono i figli a fare cose sempre più grandi di loro, sperando di vederli arrivare dove loro non hanno potuto. Non è detto, però, che ci azzecchino sempre, come nel tuo caso, penso anch’io che tua madre abbia esagerato.»   Sistemate le valige, Leo e la ragazza siedono uno di fronte all’altra. Lei, quasi a volerlo disimpegnare dal compito all’arrivo, dice:   «A Bologna c’è mio fratello Bruno che mi aspetta, ci penserà lui, tanto quella è tutta roba sua.»   Poi parla del fratello:   «In Svizzera costa tutto più caro. Bruno continua a ripeterci che vuole comprare terra a Catania per mettere su casa per la sua famiglia. Quando lui scende a Bologna io salgo su e porto roba che poi lui vende ai nostri compaesani, questo però è l’ultimo viaggio che faccio.»   «Come mai sei a Firenze se vieni da Cata

L'AUTOSTOPPISTA (8)

altezza, la moto si ferma al centro della strada, il guidatore getta uno sguardo alle sue spalle, poi fa inversione di marcia fermandosi accanto a lui, alza la visiera del casco, Leo riconosce il giovane della burla e gli sorride.   «Ho deciso di darle uno stappo, dove va? Ah, a proposito, mi chiamo Alessandro Valle, Ale per gli amici.»   «Io Leonardo Citteri, Leo per gli amici, ora siamo pari, mi dici che ci fai qui? Dov’è finita la tua ragazza?»   «In verità è stata lei a suggerirmi l’idea, ha detto che il modo migliore per scusarmi era darle uno strappo. Lei, Luisa, non abita molto lontano da qui. Ecco, prenda il casco e monti su che partiamo, ancora non ha risposta alla domanda, dove la porto?»   «Non ho risposto per non spaventarti, ma se insisti: vado a trascorrere parte delle ferie a Berna da mia figlia, ora che lo sai sei ancora intenzionato a darmi lo strappo? Scherzo, mi va bene dove vai tu.»   «Io vado a Firenze, lì studio ingegneria, non mi sei affatto

COME FERMARE BERLUSCONI!!!!!!!

http://www.avaaz.org/it/stop_berlusconi_pledge/?cvinieb

L'AUTOSTOPPISTA ( 7 )

  Leo non se lo fa ripetere, apre la portiera, scende dall’auto dando la schiena ai due. Poi sente l’auto ripartire. Quando pensa che ormai sono lontani, svuota i polmoni del fiato trattenuto. “Va bene la vita avventurosa di strada,” pensa “però qui si sono passati i limiti della fantasia, ora bisogna stare attenti anche a una coppia di vegliardi, di questo passo mi conviene farmela a piedi fino a Berna. Finirà che dovrò chiedere la fedina penale prima di salire sulla prossima auto.”   Intanto dal cartello stradale apprende che occorrono ancora sette chilometri per Civitavecchia.   È più di mezzora che marcia, a pochi metri intravede una pensilina e una panca riparata dal sole: è la fermata dell’autobus. Dopo un po’ giunge il mezzo che lo porta a Civitavecchia.   Sceso dall’autobus, si mischia alla folla della piazza.   Il giorno dopo si torna in viaggio. Vuole arrivare a Genova, esita prima di riprendere la marcia, l’ultima esperienza è stata scottante, ma per fortu

L'AUTOSTOPPISTA (6)

    «Certo, signora, lavoro e guadagno anche bene.»   «Uh Gesù! Allora questo è matto da legare, o è tirchio fino all’osso.»   «Rosa la smetti di impicciarti di fatti che non ti riguardano? Lascia stare il giovanotto. Scusi Leo, come mai non ha l’auto? Le è stata rubata? S’è guastata per strada? Come mai non ha chiamato il carro attrezzi?»   Leo sorride, pensa che sarà difficile tener testa ai due fino a Civitavecchia.   «Le sembrerà strano signor Attilio, non posseggo auto, mi piace camminare, fare mie le esperienze di strada.»   «Lo dicevo io che questo è matto.»   Ancora la vecchietta a commentare. Il marito guida in silenzio e a passo di lumaca, l’auto non supera i cinquanta all’ora, Leo non sa se per un problema meccanico o per timore di andare troppo forte, intanto Civitavecchia è lontanissima.   «Scusi signor Attilio, a che ora avete l’imbarco?»   «Alle ventidue e trenta, perché me lo chiede?»   «Per premura che potesse perderlo.»   «Giovanott

L'AUTOSTOPPISTA (5 )

  È ancora pensieroso nei pressi della piazzola di sosta quando una vecchia Panda si ferma al suo fianco. Il finestrino si abbassa cigolando per lo sforzo. Fa capolino una testa bianca di una vecchietta, e una vocina senza nessuna flessione dialettale gli chiede:   «Tutto bene giovanotto? Serve un passaggio?»   Le fa eco il guidatore, un anziano signore, probabilmente il marito, allungatosi nel frattempo fino al finestrino del passeggero.   «Sì grazie, l’accetto volentieri.»     «Noi andiamo a Civitavecchia, se la sua meta è sulla nostra strada, salga pure.»   Leo sorride.   «È appunto Civitavecchia la mia meta, sarò felice di fare con voi il   resto del viaggio.»   Leo si accomoda sul sedile posteriore, dire accomodarsi è un eufemismo, lui è quasi uno è novanta, trovare dove mettere le gambe nel lato posteriore di una Panda è gioco da contorsionista. Il vecchietto sorride.   «Mi dispiace, non possiamo permetterci un’auto più comoda.»   «Non si preoccup

L'AUTOSTOPPISTA (4)

«Quello che so e ho appreso lo devo al fatto di essere un buon podista, un autostoppista. Non ce la farei mai a stare in fabbrica da mattina a sera.»   «Scusa, non è quello che fai ora?»   «Ti sbagli, non sono stato io a cercare lavoro, sono stati loro a volermi. Io ho accettato solo alle mie condizioni.»   «Ho paura di chiederti quali erano le condizioni…»   «Non avere obblighi d’orario, né di luogo, loro mi dicono cosa vogliono da me e in che tempi, dopodiché mi gestisco da solo. Sono un libero professionista.»   Nel frattempo lei imbocca l’area di servizio fermandosi proprio davanti alle toilette. Prendono un caffè. Poi ripartono.   «Dove vuoi che ti lascio?»   «Fuori al primo albergo, per oggi basta così, non pensavo di aver tanta fortuna da arrivare prima di notte a Roma.»   «Se vuoi ti posso ospitare, ho una casa abbastanza grande qui vicino.»   «Ti ringrazio ma non posso accettare.»   «Ok, come vuoi. Mi ha fatto piacere incontrarti. Ciao Leo e

L'AUTOSTOPPISTA (3)

  L’auto gli   passa accanto, come se non l’avesse notato, poi, dopo duecento metri, frena bruscamente, innesta la retromarcia, gli si accosta, il finestrino s’abbassa, la donna si protrae verso l’esterno. Potrebbe avere dai trenta ai cinquant’anni. Una volta s’indovinava facilmente l’età delle donne, oggi invece, a causa dell’evoluzione della cosmesi, è difficile avvicinarsi alla verità.   «È in difficoltà? Dov’è che va? Ha bisogno di un passaggio?»   Per le donne, la curiosità viene prima di tutto.   «Se non le arreco troppo disturbo, direi proprio di sì.»   «Salga. Dove la lascio?»   «Non voglio sembrarle scortese, rispondendo con una domanda, mi dica lei dove arriva.»   «Spero di non aver dato un passaggio ad un fuggiasco.»   «Mi scusi, non volevo essere misterioso. Vado in Svizzera, a Berna per la precisione. Sono Leonardo Citteri, ingegnere informatico, lavoro a Catania, che non è la mia città natale, sono nato e cresciuto in provincia di Firenze.»  

L'AUTOSTOPPISTA (2)

  L’autista rimane alcuni secondi in silenzio, fissando meditabondo l’autostrada, poi si gira verso l’autostoppista.   «Ha ragione, sarebbe proprio bello se delle cose buone ne facessimo abitudine, è un piacere conversare con lei signor…»   «Leonardo, Leo per gli amici.»   «Signor Leo, sono in prossimità del mio paese, devo entrare in centro, è stato un piacere averla conosciuta, le auguro trovi qualcuno che le dia un passaggio fino in Svizzera.»   «Le sembrerà strano, ma non ho nessuna fretta di arrivare. Vede, ho da spendere del tempo a mia disposizione, e come impiegarlo al meglio, se non in qualcosa che mi piace? Se, come lei mi augura, trovassi un passaggio fino alla meta, conoscerei solo questo soggetto, e se poi mi risultasse antipatico, immagini che viaggio infernale farei. La ringrazio comunque, e spero di incontrarla ancora, un giorno.»   L’autista, appena ripartito, tra sé rimugina: “che tipi strani che s’incontrano, però non ha tutti i torti a pensarci b

L'AUTOSTOPPISTA (1)

  L’uomo si ferma, alza la testa, mette una mano alla fronte, per proteggersi dalla luce, inspira: il sole è allo zenit, sarà poco più di mezzogiorno, mormora tra sé. Sospira. Riprende il cammino.   Il suo passo è svelto, come quello di chi è abituato a camminare molto, o di chi ha da percorrere molta strada prima di raggiungere la meta. È in marcia da tempo. La meta è lontana.   Sente il rumore di un autocarro che si avvicina; l’uomo è bravo a riconoscere i veicoli dal suono dei motori. Non tende il braccio con il pollice alzato come abitualmente fanno gli autostoppisti, spera nella bontà altrui. È fortunato: l’autocarro si ferma.   L’uomo corre. Sale sul bestione e prende posto a fianco al guidatore:   «Grazie per essersi fermato e buongiorno!»   «Le è successo qualcosa all’auto?»   «No, in verità non guido.»   «Buon per lei, così non ha costi inutili.»   «Non è questioni di economia, mi piace camminare e conoscere persone come lei.»   «Dove deve andar

LA DONNA DEI SOGNI (11)

Umberto   Il mio sogno ricorrente è orribile, in verità ce ne sono due. Il primo è che sogno spesso di cadere da un palazzo o da qualsiasi altra altura, la caduta è lunga, piena di sofferenze e di paura, aspetto d’impattare la terra, ciò non avviene perché mi sveglio di soprassalto madido di sudore e di paura. L’altro è quasi simile al primo, qualcuno cerca di soffocarmi, cerco di liberarmi dalla stretta ma non ci riesco. Oppure sono sott’acqua, annaspo per riemergere, per prendere aria, alzo la testa, vedo il chiarore sopra di me, la superficie non è irraggiungibile, ma per quanti sforzi faccia non riesco a raggiungerla, la mancanza d’aria è insostenibile, sento i polmoni scoppiare. Mi sveglio di soprassalto respirando a bocca aperta per aspirare quanta più aria possibile. Un altro sogno che spesso faccio: corro lungo un viale senza fine, sento qualcuno che mi rincorre, non mi volto a guardare, ho paura di vedere chi è, non farmi raggiungere è l’unico obbiettivo. So