L'AUTOSTOPPISTA ( 7 )




  Leo non se lo fa ripetere, apre la portiera, scende dall’auto dando la schiena ai due. Poi sente l’auto ripartire. Quando pensa che ormai sono lontani, svuota i polmoni del fiato trattenuto. “Va bene la vita avventurosa di strada,” pensa “però qui si sono passati i limiti della fantasia, ora bisogna stare attenti anche a una coppia di vegliardi, di questo passo mi conviene farmela a piedi fino a Berna. Finirà che dovrò chiedere la fedina penale prima di salire sulla prossima auto.”

  Intanto dal cartello stradale apprende che occorrono ancora sette chilometri per Civitavecchia.

  È più di mezzora che marcia, a pochi metri intravede una pensilina e una panca riparata dal sole: è la fermata dell’autobus. Dopo un po’ giunge il mezzo che lo porta a Civitavecchia.

  Sceso dall’autobus, si mischia alla folla della piazza.

  Il giorno dopo si torna in viaggio. Vuole arrivare a Genova, esita prima di riprendere la marcia, l’ultima esperienza è stata scottante, ma per fortuna non decisiva.

  Lo zaino incomincia a pesare dopo due ore di marcia, di solito ci mette poca roba, il minimo indispensabile. Il peso non è dovuto alle sue cose, ma ad alcuni regali per le bambine e per sua figlia. Si era lasciato prendere dall’entusiasmo quando aveva visto quel vaso di cristallo in vetrina, sapeva quanto piacesse a Sissi circondarsi di fiori. Per le nipoti invece aveva perso più di una notte di sonno per creare programmi di gioco solo per loro, sapeva quanto ci tenessero per quei giochi, a scuola erano invidiate da tutta la classe, non era da tutti avere un produttore personale di videogiochi.

  Senza accorgersene Leo giunge nei pressi di una stazione di servizio: decide di concedersi un buon caffè. Come in tutte le stazioni di servizio, c’è da seguire la fila, arrivato al giovanotto che lo precede nasce l’intoppo, questi porge una banconota da cinquecento euro, la cassiera non ha il resto, Leo non si perde d’animo.

  «Mi permetti di offrirti un caffè?»

  Il ragazzo non se lo fa ripetere una seconda volta.

  «Grazie, lei è molto gentile, in verità non sono solo, siamo in due, io e la mia ragazza.»

  «Non è un problema, l’offerta s’intende estesa anche alla tua ragazza, e comprende anche una brioche.»

  I ragazzi gradiscono molto.

  Ripreso il cammino dopo la breve sosta, con il solito passo di marcia, Leo rimugina tra sé sui piaceri della vita. Dopo poche centinaia di metri sente il rombo di una potente Honda, la moto si ferma al suo fianco, è montata dal ragazzo del caffè e dalla sua fidanzata.

  «Signore, le dobbiamo delle scuse.»

  Leo guarda i due perplesso.

  «Non era vero che non avevo moneta spicciola per il caffè, è uno scherzo, che spesso facciamo, per berlo a sbafo, non può immaginare quante volte riesce, la mia ragazza e io abbiamo pensato che questa volta non fosse giusto.»

  Leo guarda i due, non può trattenere un sorriso.

  «La recita vale bene due caffè e le brioche, pensate che non posso permettermi da offrire così poco ad una simpatica coppia?»

  «Beh, grazie allora.»

  «Ringrazio voi per il riflusso d’onestà, fate buon viaggio senza remore.»

  «Auguriamo anche a lei buon viaggio, addio.»

  La grossa moto riparte con un frastuono enorme, Leo la vede comparire e scomparire tra i mezzi che la precedono, finché il roboante frastuono diventa un eco lontano che, man mano, va spegnendosi.
  Passano poco più dieci minuti quando sente di nuovo il rombo della moto: “sarà un altro burlone” pensa. Una volta arrivato alla sua

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