L'AUTOSTOPPISTA (3)
L’auto gli
passa accanto, come se non l’avesse notato, poi, dopo duecento metri, frena
bruscamente, innesta la retromarcia, gli si accosta, il finestrino s’abbassa, la
donna si protrae verso l’esterno. Potrebbe avere dai trenta ai cinquant’anni.
Una volta s’indovinava facilmente l’età delle donne, oggi invece, a causa
dell’evoluzione della cosmesi, è difficile avvicinarsi alla verità.
«È in difficoltà? Dov’è che va? Ha bisogno di
un passaggio?»
Per le donne, la curiosità viene prima di
tutto.
«Se non le arreco troppo disturbo, direi
proprio di sì.»
«Salga. Dove la lascio?»
«Non voglio sembrarle scortese, rispondendo
con una domanda, mi dica lei dove arriva.»
«Spero di non aver dato un passaggio ad un
fuggiasco.»
«Mi scusi, non volevo essere misterioso. Vado
in Svizzera, a Berna per la precisione. Sono Leonardo Citteri, ingegnere
informatico, lavoro a Catania, che non è la mia città natale, sono nato e
cresciuto in provincia di Firenze.»
«Che ci fa un ingegnere nato a Firenze, che
lavora a Catania, in mezzo a una strada diretto in Svizzera?»
«Vado a Berna a far visita a mia figlia e alle
mie nipotine; per me è il modo migliore di spendere le sudate ferie.»
La donna si tranquillizza, la curiosità
femminile è placata.
Ad osservarla ha più di quarant’anni, portati
magnificamente bene, anche se in questo momento ha la fronte corrucciata.
«Deve essere molto gravoso.»
«Cos’è gravoso?»
«Il suo cruccio.»
«Perché pensa che abbia un cruccio per di più
gravoso?»
«Perché ha dato un passaggio ad un perfetto
sconosciuto, cosa che non farebbe mai in altre situazioni.»
«Cosa glielo fa pensare?»
«Penso che lei si sia fermata dopo attenta
riflessione, avrà pensato che era il miglior modo per distrarsi da ciò che le passava
per la testa. Però dopo aver appagato la sua curiosità è tornata a rimuginare.
Non mi ha detto come si chiama né dove è diretta, in questo momento è tornata a
viaggiare da sola.»
«Lei non doveva fare l’ingegnere. Scusami,
permettimi di darti del tu, siamo coetanei. Sarà bene presentarci: mi chiamo
Anna Dalema, preciso, non sono parente del parlamentare D’Alema, il mio cognome
non ha l’apostrofo. Ero in ferie a Scilla in provincia di Reggio, dove possiedo
una casa lasciatami dai miei genitori, loro erano siciliani, io sono nata a
Roma, dove vivo e lavoro. È vero, mi crucciavo per qualcosa che non vale la
pena nemmeno spiegare. Com’è vero che non era nelle mie intenzioni fermarmi,
forse hai ragione tu, avevo voglia di parlare con qualcuno, distrarmi, fare qualcosa
fuori dagli schemi. Ritorno a Roma dopo una noiosissima estate.»
A questo punto lei lo guarda per la prima
volta, sorride. Poi gli pone la domanda prevedibile.
«Scusa se te lo chiedo, non sarebbero fatti
miei, ma perché viaggi in autostop? Non mi sembri un poveraccio.»
«Hai ragione, non lo sono. Ho una grande passione,
quella di camminare, e non ne ho nessuna, invece, per l’auto. A causa del
lavoro che faccio, il programmatore, mi rimane poco tempo per fare nuove
conoscenze.»
«Ancora una domanda: come mai da solo? Io non
sono sposata, tu invece, avendo una figlia, devi esserlo.»
«Sono divorziato da una moglie inglese, a lei
non piaceva vivere in Italia, a me non piaceva vivere in Inghilterra, così ci
siamo divisi. Tu come mai sei sola?»
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