L'AUTOSTOPPISTA (4)
«Quello
che so e ho appreso lo devo al fatto di essere un buon podista, un
autostoppista. Non ce la farei mai a stare in fabbrica da mattina a sera.»
«Scusa, non è quello che fai ora?»
«Ti sbagli, non sono stato io a cercare
lavoro, sono stati loro a volermi. Io ho accettato solo alle mie condizioni.»
«Ho paura di chiederti quali erano le
condizioni…»
«Non avere obblighi d’orario, né di luogo,
loro mi dicono cosa vogliono da me e in che tempi, dopodiché mi gestisco da
solo. Sono un libero professionista.»
Nel frattempo lei imbocca l’area di servizio
fermandosi proprio davanti alle toilette. Prendono un caffè. Poi ripartono.
«Dove vuoi che ti lascio?»
«Fuori al primo albergo, per oggi basta così,
non pensavo di aver tanta fortuna da arrivare prima di notte a Roma.»
«Se vuoi ti posso ospitare, ho una casa
abbastanza grande qui vicino.»
«Ti ringrazio ma non posso accettare.»
«Ok, come vuoi. Mi ha fatto piacere
incontrarti. Ciao Leo e buona fortuna.»
«Ciao Anna, se posso darti un consiglio,
sorridi più spesso, e appena ti ritrovi a rimuginare spiacevoli ricordi
sovrapponi quelli piacevoli: quando la mente è occupata da pensieri lieti si è
poco inclini alla mestizia. Ora ti saluto, sperando un giorno di rivederti.»
Prima di entrare in albergo, Leo guarda la
grossa Mercedes andar via. Dallo specchietto retrovisore, Anna guarda l’uomo
fermo sul marciapiede. Senza voltarsi, alza la mano in modo che lui possa
vedere il gesto di commiato.
Con passo svelto Leo si avvia all’accettazione
dell’albergo. Pronto ad accoglierlo c’è un solerte e sorridente portiere. Espleta
le consuete pratiche e subito va a riposare.
È da poco spuntato il sole quando, il giorno
dopo, riprende il cammino lungo la statale verso Civitavecchia. La mattina
presto è il momento migliore per camminare o correre, l’aria fresca, frizzante,
è adatta a rinvigorire i muscoli, la brezza sul viso ti accarezza.
Quelli che sfrecciano sulla strada per la
maggior parte sono grossi tir, al loro passaggio lo spostamento d’aria spinge
il podista in avanti alleggerendogli, per un attimo, il peso del corpo.
Il sole comincia a picchiare, Leo scorge un
po’ più avanti, in una piazzola di sosta, una Bmw ferma. Giunto nei pressi,
sente il ronzio del finestrino che viene giù; un giovane uomo, dal viso rude e non
troppo simpatico, si rivolge a lui:
«Salga che le do un passaggio, si prende
un’insolazione sotto questo sole, non sente come picchia forte?»
Leo conosce il tipo d’uomo, annusa il pericolo.
«La ringrazio per la gentilezza, ma pensavo
la sua fosse la macchina del mio amico, ah, eccolo che arriva.»
Così dicendo gesticola verso le auto che
sopraggiungono, sente l’auto, alle sue spalle, partire sgommando.
Leo sospira per il passato pericolo. Ha già
fatto questo tipo d’esperienza, gli costò tanta paura e cinquecento euro che
aveva in tasca. Rapina a mano armata. Da allora non porta più tanti soldi con
sé, usa la carta di credito che tiene nascosta in una tasca cucita sotto la
cinghia dei pantaloni. Questo brutto incontro lo fece in uno dei primi viaggi
verso Berna. Ora lo sente sulla pelle il pericolo, l’annusa, come il cane scova
sotto terra il tartufo. Succede talvolta di incontrare malintenzionati.
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