L'AUTOSTOPPISTA (6)



 
  «Certo, signora, lavoro e guadagno anche bene.»

  «Uh Gesù! Allora questo è matto da legare, o è tirchio fino all’osso.»

  «Rosa la smetti di impicciarti di fatti che non ti riguardano? Lascia stare il giovanotto. Scusi Leo, come mai non ha l’auto? Le è stata rubata? S’è guastata per strada? Come mai non ha chiamato il carro attrezzi?»

  Leo sorride, pensa che sarà difficile tener testa ai due fino a Civitavecchia.

  «Le sembrerà strano signor Attilio, non posseggo auto, mi piace camminare, fare mie le esperienze di strada.»

  «Lo dicevo io che questo è matto.»

  Ancora la vecchietta a commentare. Il marito guida in silenzio e a passo di lumaca, l’auto non supera i cinquanta all’ora, Leo non sa se per un problema meccanico o per timore di andare troppo forte, intanto Civitavecchia è lontanissima.

  «Scusi signor Attilio, a che ora avete l’imbarco?»

  «Alle ventidue e trenta, perché me lo chiede?»

  «Per premura che potesse perderlo.»

  «Giovanotto sono vent’anni che faccio questa strada, da quando abbiamo comprato la villa a Santa Teresa.»

  «Ah! È vostra la villa?»

  «Certo che è nostra, anche quella di Capri è nostra, cosa credeva?»

  «Come mai allora viaggiate con una vecchia Panda?»

  «È per ingannare il fisco e i fessi come te, fuori il portafoglio se non vuoi che ti ficco una pallottola in testa!»

  Leo guarda la pistola che la vecchia tiene puntata all’altezza della sua testa, poi guarda incredulo il vecchio, poi guarda di nuovo la vecchia con la pistola; la vecchia guarda lui poi gira la testa verso il vecchio; il vecchio guarda la vecchia, poi gira la testa verso di Leo. Tutto questo guardare finisce con uno sbotto della vecchia:

  «Allora brutto stronzo ti decidi a cacciare fuori i soldi? Guarda che non scherzo, non ci metto niente a cacciarti un po’ di piombo in quella zucca vuota, così all’autopsia troveranno qualcosa.»

  Finalmente Leo chiude la bocca che aveva spalancato per lo stupore, la riapre ed emette un suono, incomprensibile. Il poverino deglutisce due, tre volte. Si rende conto che non sta sognando, anche se il tono di voce della vecchia, nel frattempo molto cambiato, non promette niente di buono. Prova ora a darsi un tono.  

  «Signora Rosa, ho solo settanta euro in tasca e mi servono, non sarà una pistola a fermarmi!»

  «Gesù! Questo o è scemo o prende per scemi noi, non ha capito che io l’ammazzo per davvero! Vuoi farmi credere che un ingegnere va in Svizzera a trovare la famiglia con appena settanta euro in tasca?»

  «Signora non sono un ingegnere, e non vado in Svizzera a trovare nessuna famiglia, la mia è rimasta in Sicilia, una moglie e quattro figli, io devo arrivare a Monza per un lavoro promessomi da un lontano parente di mia moglie Luisa. Vi ho mentito perché mi vergogno di ripetere a tutti il mio stato d’indigenza, ora se mi vuole sparare lo faccia, così finirà la mia permanenza in questo schifo di mondo!»

  Lo sguardo di Leo è puntato dritto agli occhi della vecchia, la cui mano non è più decisa sulla pistola, la vecchia, a sua volta, guarda il vecchio, lui, il vecchio, non toglie gli occhi di dosso a Leo.

  «Ora cosa aspetti? Dovremmo essere noi a darti qualcosa? Dopo aver inzuppato il sedile di lacrime? Che dici Rosa, glielo facciamo questo favore a questo pezzente?»

  «Sì, così dopo mi tocca lavare l’auto di quello che rimane del suo cervello malato!»

  «Fallo scendere, così glielo spalmi sull’asfalto, il cervello.»

  «Hai sentito? Forza scendi, non farmi perdere altro tempo!»

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