Risorta I

Cap. I                                 La colpa
Anno 2000, mese di giugno, venerdì 10, ore due di una notte senza luna. Sono sette i giovani seduti intorno a un fuoco improvvisato sulla spiaggia di Santa Monica, due ragazze e cinque giovani uomini. Una delle ragazze non ha compiuto ancora sedici anni, l’altra invece ne ha venti, i giovani hanno tutti quasi la stessa età, dai diciannove ai venti anni e sono tutti amici. La ragazza più grande è da un po’ che se la intende con uno di loro, anche la sedicenne è da poco che conosce il più giovane dei quattro ragazzi, il quale l’ha invitata a uscire per un cinema e un hot dog. Lei non era a conoscenza che ci sarebbero stati anche i suoi amici, forse nemmeno lui, perché si sono incontrati casualmente al Pub, almeno così era sembrato e, dopo varie bevute, con l’astensione della ragazza più giovane, decidono di farsi qualche altra birra sulla spiaggia. La sedicenne voleva tornare a casa, si era fatto tardi e non aveva voglia di bere altra birra. Ma loro hanno insistito finché lei non si è sentita costretta ad accettare, anche perché non voleva dispiacere l’amico conosciuto a casa di Charlyn, la sua amica del cuore. Anche se lei ora vive a San Francisco, loro due   
Di tanto intanto, cioè quanto Robert l’invita a uscire lei non se lo fa ripetere, stanno bene insieme .
E poi a quell’ora lei non se la sente di tornare  da sola a casa, non è facile girare per le strade di notte, specialmente se si hanno sedici anni  d’aspetto appetitosa.
 Il fuoco è quasi in via di estinzione, tra poco di lui ci sarà solo il ricordo del tepore sulla pelle e ceneri al posto delle fiamme. A quel punto uno dei ragazzi, come se l’idea fosse spuntata dal nulla, consiglia all’allegra compagnia di entrare in casa, per finire le birre rimaste.
 La sedicenne prova a insistere nuovamente di voler tornare a casa, non gli ritorna nemmeno l’eco delle sue parole, sembra che gli altri non l’abbiano o non la vogliono ascoltare. Lei dopo un po’ di esitazione sembra rassegnata a seguire il gruppo, purtroppo non può fare altro che accodarsi a loro. Non è autonoma per il ritorno a casa esenta obbligata all’amico e alla sua auto.          
Un braccio teso, in mano una borriglia, quasi tocca il suo viso, è un’offerta di un’altra birra, lei prova a rifiutarla scodinzolando la testa. Non è abituata a bere alcolici, anche se ha bevuto una sola birra, già comincia a sentirne l’effetto, per lei, che non beve quasi mai, è come ne avesse bevute chissà quante. Il braccio che gli porge la birra insiste non si ritrae, nonostante il diniego della ragazza. Il giovane che gliela porge sorride e con la testa gli fa cenno di prenderla. Con un po’ di rammarico alla fine si vede costretta a prenderla, visto che il braccio è ancora teso non si ritrae dal suo viso. Si guarda intorno in cerca del suo amico, lo trova nella penombra vicino alla consolle, cerca tra i CD qualche brano  da ascoltare di suo piacimento visto che gli altri pensano solo a bere e sgranocchiare patatine e altro. La sedicenne si guarda intorno quasi smarrita, si sente estranea alla comitiva, si vede che non è a suo agio. Uno dei ragazzi la guarda in un modo che non le piace, sguardo furtivo d’ammiccamento, lei un po’ impacciata si gira in cerca di Robert sperando che lui possa darle un appoggio, una sicurezza che ora non sente. Sceglie un sofà e si rannicchia sorseggiando la birra nella speranza l’amico arrivi quanto prima. Nel frattempo l’altra ragazza con il suo boyfriend hanno preso possesso di una delle stuoie  vegetale che rivestono il pavimento. Almeno lei presuma sia il suo innamorato, perché già si danno da fare spogliandosi come se dovessero rotolarsi al sole sulla spiaggia. La sedicenne al momento sembra non capire, poi quando i due cominciano a fare quello per cui si erano denudati, capisce. Si gira dall’altro lato per pudicizia, per non assistere agli approcci alquanto spinti fra i due. Continua a buttar giù piccoli sorsi della birra che ha in mano. Dopo qualche minuto s’accorge che c’è qualcosa che non va, la sua testa non funziona come dovrebbe, vede e sente confusamente, immagine distorte, le voci dei presenti in lontananza e strane. Poi un contatto di una mano che scivola sulla sua coscia  massaggiandogliela, un’inaspettata carezza la fa trasalire, meravigliandosi di quello approccio, pensa sia la mano dell’amico, ma non è la sua, lui invece è lì accanto all’intruso, cerca di strattonare la mano che nel frattempo si era insinuata sotto le sue vesti. È evidente che chi aveva iniziato l’approccio non ha nessuna intenzione di smettere per cui inizia una colluttazione tra i due giovani. la sedicenne si gira verso l’altra ragazza cercando solidarietà, man forte, invece l’altra è già nuda che copula dimenandosi come una forsennata sopra il suo Boyfried, mentre un altro giovane le succhia il seno. Sbalordita e impaurita,  cerca d’alzarsi, fuggire ma non ce la fa. Le gira la testa, le gambe non reagiscono allo stimolo dei muscoli, poi di nuovo due mani s’intrufolano sotto la gonna, non sono quelle del suo amico perché girandosi l’ha visto sanguinare ai lati della bocca mentre lacrime di rabbia gli scivolano sul viso, l’hanno immobilizzato. Qualcuno ora  gli sta tirando giù le mutandine con forza, fino a che non si lacerano del tutto. Lei ormai è totalmente alla mercé del novello aguzzino, la  mente è sconnessa dal corpo, confusa, è l’istinto che l’ha fa reagire.
A questo punto con un ultimo tentativo di difesa, con l’unica arma che ha, la bocca, addenta il braccio che l’ha tiene inchiodata a terra. Solo quando viene colpita alla mascella da un maglio, è così che l’è sembrato il pugno che riceve sul mento facendola perdere conoscenza, difesa risultata inutile e dannosa, i denti lasciano la presa, dalla bocca fluisce sangue del carnefice, un rivolo lungo il roseo collo. Quello che le accade dopo per sua fortuna lei non ne è del tutto consapevole, il pugno e la droga mescolata all’alcool l’hanno resa alla mercé dei suoi aguzzini, impossibilitata a difendersi, ha solo sussulti e movenze disarticolate. Di questo non sembra interessi a chi in quel momento libera con furia le vesti che rivestono quel giovane e meraviglioso corpo di donna nel fiore degli anni. Gli occhi del giovane si accendono di bramosia e di incredulità davanti a tanta bellezza, dura poco la sua meraviglia prima di profanare l’anima e il corpo della fanciulla.  
È quasi l’alba, tutti e sette, non si sono mossi di un centimetro. Distesi ancora negli stessi posti, apparentemente sembra che dormano il sonno dei giusti. Tranne l’amico della vittima vestito di tutto punto, ancora legato mani e piedi, con dell’adesivo che gli chiude la bocca è reso inoffensivo, tutti  gli altri sono completamente nudi. Lui è ben sveglio per quello che ha visto e per quello che vede ancora. Né può trattenere le lacrime di disappunto che calano giù dal viso per la rabbia e il dispiacere nel vedere l’amica inanimata e nuda a terra. Ha dovuto assistere allo scempio della ragazza senza poter fare nulla per aiutarla. In cuor suo continua a maledire i suoi amici.
Man mano qualcuno comincia a muoversi svegliandosi dal sonno ristoratore. Ancora abbioccati e confusi, a tentoni, vanno in cerca dei loro indumenti, non hanno ancora smaltito la droga assunta con tanta indifferenza. Si ributtano l’un l’altro gli indumenti che nella foga del momento  hanno buttati senza riguardo un po’ dappertutto. È stato il freddo della notte a stimolare i corpi a coprirsi vestendosi. Dopo poco minuti tutti sono in piedi, guardano la sedicenne che non da segno di vita,  né ha mosso un muscolo, è ancora al suo posto, sul corpo si vedono i segni dello violenza subita, il viso tumefatto e sangue sulle gambe. Uno dei giovani dopo aver slegato l’amico s’abbassa e la smuove nel vano tentativo di svegliarla, ma lei non si muove, la  schiaffeggia senza  delicatezza e riguardo, ancora niente, la sedicenne non ha nessuna reazione. A questo punto la paura porta tutti i presenti istantaneamente alla realtà, s’insinua, serpeggia fra i presenti l’angoscia, hanno perso tutta la loro baldanza, si scambiano l’un l’altro sguardi sbigottiti e allarmati. Poi è l’altra ragazza a fare un ulteriore accertamento, piegandosi e mettendo l’orecchio prima vicino alla bocca per un alito di speranza, poi sul petto pe un battito. Quando alza la testa è terrorizzata, negli occhi spuntano le prime lacrime di sconcerto, poi al pianto sopraggiunge la rabbia, volgendosi ai quattro giovani ammutoliti e sbigottiti, grida con quanto fiato ha nei polmoni.
“Incoscienti disgraziati, che avete fatto! È morta! L’avete ammazzata!”
Ora sono tutti e sei inginocchiati o seduti intorno alla ragazza, per qualche minuto nessuno parla. Fossero osservati  da occhi esterni sembrerebbero che stiano pregano per la dipartita della ragazza, poi uno di loro reagisce alla fase abulica  prendendo la parola.
“È inutile stare qui a piangerla, bisogna  prendere una decisione. Se chiamiamo la polizia, cosa gli diciamo? Se lo facciamo, sappiamo già cosa succederà, la rovina di noi tutti! Ecco cosa accadrà, saremo tutti morti in men che non si dica, perché, nessuno di noi riuscirebbe a sopravvivere in galera e,  non parlo della galera a vita, badate bene! Anche un solo anno in prigione non è nelle nostre forze e capacità. Bisogna mettere in conto la distruzione morale delle nostre famiglie. Non siamo nelle condizione di fare niente che possa cambiare il corso di quello che è accaduto. Non doveva succedere ma è successo. Nessuno di noi voleva che ciò capitasse, ma purtroppo c’è stato quello che tutti noi mai avremmo pensato, l’imprevisto! Ora non ci rimane che decidere cosa dobbiamo farne del corpo della… si lo so….e…e brutale ciò che sto per dire, ma è l’unica soluzione se vogliamo salvarci dalla catastrofe, certo non può rimanere quà, sarebbe da stupidi, come confessare ”.
Dopo qualche minuto di silenzio non avendo ricevuto nessuna risposta dai suoi amici, il giovane continua.
“Come già sapete, in garage abbiamo uno Zodiac…. ”.
Tutti gli sguardi sono per lui, avuto la loro attenzione continua la sua esposizione del piano.
“Ve lo siete dimenticato? È quello che mio padre e anche noi, qualche volta abbiamo usato…. il gommone che serve per arrivare allo Yacht o scendere a terra dallo stesso, finitela di guardarmi come dei rimbambiti… svegliatevi, cazzo!” sembra che l’incazzatura abbia fatto effetto, per cui continua.” La carichiamo su e la portiamo in mezzo al mare, e chi se visto, se visto. Non ha indumenti né documenti, una volta al largo della costa, la corrente chissà dove la porterà, sarà un po’ difficile per le autorità, se riemergerà, capire la provenienza e di conseguenza collegarla a questa spiaggia e a noi, che vi pare? Non vi sembra un piano al quanto credibile?”.
L’amico della ragazza morta cerca di appellarsi a tanta crudeltà e insensibilità espletata dall’amico.
“Ma è mostruoso quello che pensi di fare, sei crudele e senza un po’ di umanità per quella poverina c’avete ammazzata comportandovi come animali, senza un briciolo di sensibilità verso un corpo innocente martoriato così brutalmente da tutti voi”.
“Qui non e questione di insensibilità o altro. Si tratta della nostra vita, del nostro futuro. Ormai lei è morta! Lo capisci questo. Ripeto, siamo giovani ci rovineremmo la vita di tutti noi e quella delle nostre famiglie. Cosa possiamo fare, noi non volevamo che le succedesse ma è successo, punto e daccapo. Dobbiamo pensare a noi e a nient’altro. Se la trovano così com’è, finiamo tutti e sei in carcere, lo hai capito questo!”
“Io non volevo, io non centro con questa storia e con quello che avete fatto voi su di lei”.
“Pensi che la polizia ti crederà? Se noi cinque diremo il contrario? Ci sei dentro fino al collo amico caro, perciò zitto e dacci una mano, se non vuoi passare il resto della tua merdosa vita in carcere”.
Il giovane non riesce a trattiene le lacrime di rabbia, scendono lungo il viso senza che lui provi a trattenerle. Con malcelato dispiacere deve ammettere che stando così le cose non può fare nulla per mutare il corso degli eventi, è tardi per farlo, lui non immaginavo che loro si sarebbero comportati da animali, si è vero, conosceva la loro fama di scavezzacolli, ma non credeva arrivassero a quel punto.  Nessuno e niente potrà ridare la vita a Charlize Cooper.
Sì è tardo, maledetti! In cuor suo continua a stramaledire il momento  dell’incontro al Pub.
Di fatto dopo meno di dieci minuti il ragazzo che aveva proposto il gommone ritorna dopo essere sceso in garage insiemi ad un altro a prenderlo, ora è già sulla battigia  in riva al mare pronto a partire. Impiegano poco due di loro a caricare  sullo Zodiac la povera ragazza nuda e partire a tutto gas al largo dell’oceano Pacifico, non hanno avuto nemmeno il pudore di coprirla. Dopo aver navigato per tre miglia e più a tutta manetta, non si scomodano nemmeno fermare la corsa del natante quando devono disfarsi del corpo della giovane fanciulla dal gommone, la ragazza con un recipiente di ciottoli legata ai piedi viene spinta in mare senza misericordia degli uomini, né benedizione diddio.
È qui avviene quello che mai i giovani si sarebbero aspettato e che ne sono tutt’ora ignari, forse un miracolo! Mentre viene sollevata per essere calata in acqua la ragazza apre gli occhi, ma i suoi aguzzini non possono vederla, indaffarati come sono a far presto non pensano ad altro. Non appena i piedi toccano l’acqua fredda dell’oceano la ragazza al suo contatto ha giusto in tempo ad inalare aria, l’ho fa d’istinto, un recondito ricordo assimilato in anni di allenamento. Poi le tenebre e le fredde acque del Pacifico, inghiottiscano il giovane corpo. Ma provocano anche lo stimolo ai muscoli a reagire, ora è quasi cosciente di quello che le sta accadendo è, consapevole che sta scivolando in acqua e qualcosa le impedisce muovere le gambe, un peso che la trascina sempre più giù, ci mette poco capire e a liberarsi dai legami che tengono insieme le gambe al contenitore pieno di ciottoli. Una volta liberatosi dell’incomodo e letale peso, quasi alla fine della risorsa d’ossigeno riemerge e, senza un attimo di esitazione, comincia a nuotare verso le luci della costa. Nessuno dei sei ragazzi sapeva, o se l’erano dimenticato, che la sedicenne era una campionessa di nuoto pluripremiata. Eh già la credevano morta! Forse nemmeno lei in quel momento ne è consapevole.
 Nuota d’istinto sentendosi nel suo elemento, non sa perché è in acqua, sa solo che deve nuotare per arrivare alle luci della costa che vede lontane nel buio della notte.
Nuota, non sa più da quando.
Nuota che non ha più coscienza di farlo.
Nuota come solo un automa può fare.
Nuota anche quando va a sbattere sulle mura di un peschereccio.
Per sua fortuna in quel momento un vecchio pescatore ripuliva le sue reti gettando resti della pesca ini fruibile in mare, alghe, piccoli pesci  e altro, quando sente un frenetico picchiettare sulla paratia della sua vecchia barca.
senza meravigliarsi troppo, s’affaccia a vedere quale stupido pesce continua a percuotere la sua barca.
Intanto la ragazza non smette di nuotare, perché i colpi che sente il vecchio, e il moto continuo delle braccia della ragazza che non smettono di nuotare, come se volesse togliersi davanti quell’incomodo che osteggia il suo andare, le mani battano sulla paratia con rabbia e forza.
“Cristo de los mares, Josef  vieni a darmi una mano che c’è una pesca insolita da tirare su”.
Grida il vecchio, nel vedere quella incredibile immagine, al suo giovane compagno di lavoro che nel frattempo anche lui s’affretta affacciarsi dal bordo della barca per vedere cosa ha meravigliato il suo capo, uomo non facile a sbalordirsi. Ma dopo aver visto il motivo di tanta eccitazione, da parte del vecchio, sgrana gli occhi anche lui nel vede il motivo per cui il vecchio l’ha chiamato, ed esclama.
“Cristo dei mari, ma è una ragazzina. Perché continua a darle soda alla barca invece di chiederci d’aiutarla?”.
“Non perdiamoci in chiacchiere Josef, piuttosto dammi una mano a tirarla su, questa continua a picchiare sul legno come se non avesse capito che è una barca quella che ha di fronte, non credo voglia fare un buco per passare oltre il peschereccio”.
Infatti la ragazza anche quando viene tirato sulla barca continua ad agitare braccia e gambe come stesse nuotando. Dopo pochi secondi comincia a tremare come una foglia, ma non è il vento a scuoterla, quello che fa tremare la povera ragazza sembra la furia di una tempesta in evoluzione. È il vecchio per primo a non perdersi d’animo gridando ordini al giovane aiutanto.
“Josef corri a prendere delle coperte, muoviti non stare lì impalato come uno stoccafisso, presto!”
Poi ci ripensa, rendendosi conto di aver detto una corbelleria, con le mani nei capelli richiama il suo aiutante.
“ Ma no, aspetta Josef! Che cavolo dico, meglio portarla di sotto e coprirla per bene prima che gli venga una sincope”
Dopo aver messo la ragazza al caldo tra coperte e vecchi giacconi da marinai, il vecchio pescatore non sta a perdere tempo più del necessario, quello che va fatto, va fatto subito! Telefonare alla guardia costiera per metterla accorrente del salvataggio, in extremis.
“Capo, abbiamo pescato una Sirena, anzi più che una sirena direi una Sirenetta, visto l’età che su per giù può avere, credo non più di una quindicina di anni. È abbastanza malconcia e nonostante l’avessimo tirata dall’acqua, continuava a nuotare anche sul legno della barca, fate presto, prima che cada in ipotermia”.
“Tenetela al caldo, non risparmiate coperte per coprirla, noi saremo da voi tra pochi minuti, dammi le coordinate, dove vi trovate”.
Il vecchio prima gli da le coordinate, come ce ne fosse bisogno, poi specifica indicandogli in che direzione doveva mettere il muso la sua bagnarola.
“Ci abbiamo già pensato a coprirla dato che è completamente nuda come mamma la fatta. Siamo a un miglio e mezzo in direzione sud est dal ristorante sul mare Sun & Sea, metterò in azione le luci intermittente d’emergenza, per meglio segnalare la mia posizione, passo e chiudo”.
Ora i due pescatori sono al capezzale a guardare la ragazza, tutti e due con lo stesso pensiero a chiedersi: come ha fatto una quasi bambina trovarsi in mare aperto, per non dire oceano e per di più nuda, come madre natura la messa al mondo. Ad  entrambi viene un dubbio; se per caso non fosse per davvero una piccola Sirena!
Dopo pochi minuti arriva la Guardia costiera, prelevano la ragazza dal peschereccio, ringraziano i pescatori per il loro apporto e partano a manetta verso l’ospedale Ucla Healthcare di Santa Monica. Nel nosocomio bastano pochi minuti, perché la voce del ritrovamento di una Sirenetta in mezzo all’oceano serpeggia per i corridoi dell’ospedale facendo il giro per tutto il reparto di rianimazione, per poi propagarsi per tutto il nosocomio.
Non potevano mancare i giornalisti che per il loro lavoro, di solito, come avvoltoi presidiano ogni luogo di morte e disgrazie. Loro professano che il loro dovere è fare informazioni, ma non sempre la gente è d’accordo con questa premessa. Diciamo che se non ci mettessero del loro si avvicinerebbero molto di più alla verità dei fatti che alla veduta fantasiosa del primo scribacchino. Il giorno dopo un giornale titolerà:
           Pescata Sirenetta in mezzo al Pacifico.
Per ora i medici non hanno sciolto la prognosi adducendo come causa la perdita di molto sangue dovuto a causa ancora da accertare, dato lo sforzo a cui è stata sottoposto il fisico della ragazza nel nuotare per molto tempo. Non si spiegano come abbia potuto avere tanta forza dopo aver subito inumane violenze. Queste sono le grave condizione cui si trova la fanciulla. Dalle analisi risulterà che la ragazza era stata violentata più volte e da più uomini e sotto gli effetti di ecstasy mescolati ad alcool, miscela deleteria per chi non è abituata.

Al prossimo, Cap. II














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