EMOZIONI

                                     Emozioni
Le emozioni non hanno età, tasselli della nostra
              emotività, nemmeno il tempo riesce offuscarli.
Un lungo serpentone di auto in due file si muove lentamente lungo la strada del mare. In una di queste, un ragazzo sta leggendo, quando l’auto si ferma per causa del troppo traffico, lui alza la testa dalla sua lettura per conoscere il motivo della sosta forzata, nel farlo osserva che nell’altra auto ferma accanto alla sua, sul sedile posteriore, come pure è seduto lui, una ragazza con un grazioso cappellino azzurro in testa, della stessa età sua, ha la fronte poggiata al vetro del finestrino, come se il freddo del vetro gli recasse sollievo, il viso sembra triste, qualche dispiacere offusca il vedere dei suoi stupendi occhi di un caldo color nocciola.
Lo sguardo dei due giovani s’incrocia, il ragazzo, dopo un primo momento meditativo, riflettendosi in quegli occhi tristi che l’hanno attratta, alita sul vetro del finestrino e scrive: CIAO.  Lei prima gli sorride poi ricambia il saluto allo stesso modo, a sua volta alita sul vetro del finestrino e scrive: CIAO. Entrambi ora sorridono, è nata un’amicizia. Poi lui abbassa lo sguardo per continuare a leggere, ma solo per una frazione di secondi, la rialza mostrando alla sua nuova amica la copertina del romanzo che sta leggendo, come volesse renderla partecipe della sua lettura.
La ragazza ha uno sbalzo lieve di sorpresa, poi fa lo stesso anche lei, si gira e prende qualcosa di lato sul sedile e mostra al suo giovane amico la copertina del romanzo, entrambi, prima che gli occhi si riflettessero, leggevano lo stesso testo, Hobbit. Ora accomunati dallo stesso interesse, si sentono più vicini. Entrambi scoppiano in un’allegra risata, peccato che la chiusura d’ambedue finestrini soffoca l’ilarità mostrandosi l’uno all’altro come una sequenza di un film muto. Nel frattempo la fila delle auto del ragazzo riprende a muoversi lasciando indietro l’auto della ragazza,  spegnendo il sorriso sui visi increduli dei due ragazzi, una parvenza di dispiacere si dipinge sul volto del ragazzo, spegnendo quel sentore di gioia poco prima affiorato. Come se il lento distacco iniziato portasse via un’amicizia appena nata.
Cinque anni dopo, in una situazione, non dissimile da quella appena vissuta, gli stessi ragazzi rivivono l’uguale esperienza anche questa volta lui è impegnato a leggere. Non appena l’auto si ferma, lui svogliatamente alza la testa come se un ricordo l’avesse svegliato, dopo aver notato il solito traffico, riprende a leggere, questa volta la sua lettura ha un altro indirizzo, le favole non provocano più il piacere di una volta. Dopo pochi minuti, è lo strombazzare di qualche impenitente a distrarlo e interrompere il suo leggere.
 Il giovane quasi teme voltarsi a guardare il finestrino dirimpetto alla sua auto, appena fermatosi di lato, la curiosità, o che altro? Gli fa alzare la testa e guarda! In un attimo il suo viso s’illumina. Anche se leggermente cambiato, discerne la ragazza di cinque anni prima, sempre con lo stesso cappellino azzurro in testa.
Anche sul bel volto della giovane albeggia lo stesso suo sorriso, lei nel frattempo alza la mano a mo’ di saluto, lui in ricordo, alita sul vetro e scrive: CIAO.
Le auto riprendono la loro faticosa marcia nel traffico, il ragazzo alita di nuovo sul vetro, sta per scrivere il suo numero telefonico ma l’improvviso accelerazione della sua colonna di auto, fa perdere il contatto visivo del suo scritto alla ragazza. Lei dall’espressione si nota un certo disappunto per la brusca e improvvisa partenza, ha appena il tempo di alzare la mano per salutare il ragazzo, prima  che lui scompaia del tutto alla sua visione. Mentre l’auto della ragazza lentamente si allontana, il ragazzo ancora non sa cos’è quello che prova, però sa che è qualcosa cui teneva. La disillusione si legge sul giovane viso imbronciato. Si sente come se gli avessero sottratto un ricordo, un’amica. Riprende a leggere, dopo poche righe chiude il libro poggia la testa sul vetro del finestrino, i suoi occhi guardano il panorama, peccato che la sua mente non riesce focalizzarlo. In questo momento si sta chiedendo: per quale misterioso motivo il caso ha voluto rivedesse ancora quella ragazza. Forse il suo volto triste ha suscitato in lui commozione? Lui ancora non può capire i tanti segnali inviati dagli occhi, e da essa al corpo: affetto, desiderio, amicizia, interessi, affinità, amore, sesso. Equazione difficile per un’anima giovane che sta per affacciarsi alla vita. Un mesto sorriso aleggia sul viso giovane, si chiede chissà cosa penserà lei in questo momento. Lei pensa quasi la stessa cosa di com’è buffa la vita. Non nasconde che sperava rivedere quel ragazzo con quei magnifici occhi neri e lucenti, quell’aria così amabile. La prima volta, cinque anni prima, gli fece tanta tenerezza. Lei era di malumore perché aveva avuto un diverbio con i genitori. Il ragazzo sembrò aver capito il suo stato, quel saluto sul vetro del finestrino la rimise di buonumore, rispondergli allo stesso modo, gli venne quasi naturale, come salutare un amico. Averlo rivisto dopo cinque anni sempre con quegli occhi meravigliosi l’ha messa in malinconia. Gli sarebbe piaciuto conoscerlo, chissà se parlarci, sarebbe stato ugualmente piacevole. Di sicuro gli occhi le avevano mandato un messaggio di affinità, ed innocente complicità per averlo accolto, purtroppo data la situazione più che un sorriso di rimando non poteva. Intanto la sorella continua a tirarla per la giacca chiedendogli chi saluta e chi fosse. Dopo averglielo detto, lei conferma.
“Sofì, allora è lui?”
“Sì, è lui.”
“Come fai dirlo se sono passati cinque anni, è assurdo!”
“Marion, quegli occhi non si dimenticano, gli anni non possono offuscare quello che riescono esprimere.”
“Hai ragione ma ciò non toglie il trascorso, peccato, sarebbe piaciuto anche a me conoscerlo. Non sarai triste per questo immagino, vedrai che a Roma ci troveremo bene.”
“Invidio il tuo ottimismo mia cara sorella, mi commuove sapere che almeno mia sorella è felice. Io non ci riesco, e non so che farci. Il ragazzo non è la causa del mio malumore, lui forse è la famosa goccia, quella che trabocca. A pensarci bene è stato bene così, se l’avessimo conosciuto, forse il distacco sarebbe stato molto più sofferto.”
“Non è detto, cara Sofì, può darsi che nella vita sia un emerito idiota e cattivo per giunta.”
“Mi dispiacerebbe, anche perché mi è difficile pensarlo. Non posso immaginare che occhi con tale espressione di dolcezza, possono nascondere un carattere poco consono.”
“Mia cara sorella non bisogna mai meravigliarsi. Qualcuno ha detto: anche il diavolo è un angelo, anche se l’indirizzo di provenienza non è lo stesso.”
 A lei piace pensare che quello sguardo, non nasconda niente di serafico. Con gli anni rimarrà solo un dolce  ricordo.

Un giovane esce dalla sua auto sportiva e si avvia verso l’edificio contemporaneamente, dall’auto della stessa marca ma non sportiva, parcheggia davanti alla sua lasciando sufficiente spazio fra le due auto, dalla  appena ferma scende una giovane e bella donna, anche lei si avvia nella stessa direzione, ambedue passano tra le due auto. L’aspetto di entrambi fa supporre che la loro età non superi molto i trenta anni, nell’attraversare lui si distrae guardando la donna, che inspiegabilmente non è cosa che lui fa di solito, anche se lei è molto bella, si chiede perché lo fa ora. Nello stesso tempo mette il piede, dove lui pensa, dovesse esserci il marciapiede, invece il piede trova il vuoto. Non trovando il maledetto marciapiede, al piede non resta che andare a buca, e così il giovane non avendo dove appigliarsi, si aggrappa alla prima cosa che ha apportato di mano, in questo caso il braccio della donna che poc'anzi lui ammirava, e che ora trascina con sé a terra. Per fortuna della donna, trova lui sotto a fargli da soffice appoggio, e per sfortuna del giovane, perché lui, la prima cosa che tocca terra è il suo ginocchio destro, quello del piede andato a buca mancando lo scalino del marciapiede, che in quell’istante sembrava gli fosse scivolato via da sotto il suo maledetto piede. Un dolore acuto passa per tutte le migliaia di ossi e ossicini che compongono il suo scheletro di giovane umano, andandosi a conficcare come un aculeo d’acciaio, diritto, diritto alla sommità del cranio dove presumibilmente trovasi il cervello, che in quel momento lui dubita che ci sia, l’unico epiteto che può darsi è: stupido perché non vedi dove metti i piedi, invece di guardare le belle donne?
 Nel cadere, e per il dolore, gli viene istintivo chiuder gli occhi, come non volesse vedere dove andava a finire. Quando li riapre si ritrova, a un palmo dal suo, il viso sbigottito e sorridente della bella e giovane donna di poc'anzi. La quale non può che apostrofarlo, con un benevole consiglio.
“Potevi trovare un approccio meno traumatico, ora, se liberi il mio braccio, dalla stretta ferrea della tua mano, cercherò ritornare avere sembianza umana, di homo erectus.”
Il maldestro e malaugurato giovane cerca, in qualche modo, balbettando scuse che non riesce trovare, dimenticandosi, solo per pochi secondi del ginocchio dolorante. 
“Io…io…scusa, perdonami, non ho visto lo scalino, mi…mi... dispiace. Ahi.. ahi.. che dolore.” Solo quando cerca di alzarsi, si rende conto della disgrazia capitata al suo povero ginocchio, il dolore glielo ricorda. Intanto stringe ancor di più la sua unica ancora di salvezza, cioè il braccio della soccorrente, la quale non manca ricordarglielo.
“Sì, ho capito, però comunque devi lasciare il mio braccio, se vuoi che ti aiuti, beninteso, dopo che mi sono alzata.”
Solo dopo il secondo avviso, il giovane trova lucidità di pensiero, si accorge d’avere ancora la mano stretta al braccio della donna. Come se avesse preso una scossa, lascia la presa, chiedendo ancora perdono e scuse per……l’insano e incauto approfitto. Nel frattempo lei si è alzata e porge la mano al povero sventurato per aiutarlo a mettersi su, lui una volta in piedi, continua a torcersi per il dolore incessante al ginocchio. “Puoi camminare? Ti serve aiuto?” non può esimersi da chiedere la donna, anche se non sembra preoccupata, giudica il danno meno grave di quanto lui voglia far sembrare, cioè non gli crede troppo. Pensa ancora sia una messa in scena a suo favore, un approccio insolito ma divertente.
“Ti ringrazio, spero di farcela.” Non l’avesse mai detto! Fino a quel momento lui ha evitato di poggiarsi sulla gamba destra, stava su una sola, come un fenicottero. Al momento di poggiare il piede, per compiere il primo passo, deve aggrapparsi alla spalla della donna per non ritrovarsi di nuovo sdraiato a terra. A questo punto, la donna vedendo il cambio di colorito sul volto del giovane, che nel frattempo è diventato bianco dal dolore, deve ricredersi, forse il trauma al ginocchio non è lieve come pensa.
“A questo punto, credo che tu abbia bisogno di un dottore, se non dell’ospedale. Perché, tra non molto, il tuo ginocchio si gonfierà mostruosamente come una palla da rugby, e non penso che questo ti faccia piacere.”
“Lo credo anch’io. Ti dispiace se approfitto della tua spalla fino all’auto? Altrimenti dovrò strisciare come un verme.”
“Non credo basti arrivare all’auto. Non puoi guidare in queste condizioni, saresti un pericolo pubblico, potrebbero addirittura arrestarti per guida insensata e imprudente. Credo che per oggi, il danno causato a te stesso basti e avanza, meglio non sfidare oltre la sfortuna. In questo caso non rimane che accompagnarti all’ospedale e dato che trascorreremo altro tempo insieme, sarà bene almeno scambiarci i nomi, io mi chiamo Sofia, puoi chiamarmi anche Sofì se ti aggrada.”

“Il mio è Pier, è una parte del mio nome ma credo sia sufficiente per l’uso.”
Il giovane sembra non voglia approfittare, oltre, della bontà della soccorritrice, questo fa capire ancora di più alla donna che, il giovane per davvero non finge, ha bisogno d’aiuto.  Lui cerca dissuadere la donna pensando di prendere un taxi, lei insiste chiamando in causa il ginocchio, dicendogli: se si perde altro tempo, come già detto, il ginocchio si gonfierà come una palla di rugby, arrecandoti altro danno. Alla fine lui si convince farsi accompagnare. Nonostante tutto, all’ospedale il ginocchio ha già preso quella forma predetta da lei. Accertato eventuali danni esistenti, infiammazione dei legamenti collaterale e del menisco mediale, dopo adeguata medicazione e fasciatura, il giovane è pronto a far ritorno sul luogo del delitto. Almeno queste sono le sue intenzioni mentre uscivano. Nel frattempo la donna spinge la sedia a rotella verso l’uscita, lei sta meditando sulle ragioni perché lei e lì. Si chiede perché si è presa tanta briga con quest’uomo, anziché avercela per averla implicata in un increscioso incidente, invece di aiutarlo? Lei non è insensibile al dolore altrui, ma questo non ha niente a che fare con le sofferenze umane. Non sa spiegarselo tranne che l’ha fatto senza pensarci, gli è venuto spontaneo, come si fa per un amico, non lasciarlo solo nel momento di bisogno.  Ecco sì, posso considerarlo un simpatico e imbranato amico. Soddisfatta per la conclusione della sua considerazione continua a spingere. A fermarla è il giovane sulla sedia a rotelle, ha sentito piangere una bambina nella stanza appena passata davanti.
“Fermati per piacere puoi tornare un po’ indietro…. Basta.”
Lui è con la testa appena all’altezza del vetro, questo l’ho mette in condizione che chi è dall’altro lato vede solo la sua testa. Batte con le nocche sul vetro attirando l’attenzione della bimba che piange, poi mette le due mani ai lati della testa a mo’ di grandi orecchie e le sventola. La bambina dopo alcuni singulti si acquieta, poi sorride nel vedere la buffa testa del giovane, ventola in alto la manina come risposta. Lo stesso sorriso aleggia sul viso della probabile madre e dell’infermiera che l’ha in cura, forse come segno di ringraziamento per aver acquietato la bambina. Soddisfatto del risultato, Pier sprona la sua benefattrice a proseguire verso l’uscita.  Lei dopo una lieve riflessione continua a spingere con più solerzia la sedia a rotelle. Mentre spinge in silenzio, vorrebbe chiedergli altro, poi pensando che la sua richiesta le sembra una sciocchezza continua a spingere verso l’uscita. Una volta fuori dell’ospedale lui telefona per chiamare un taxi. Lei avrebbe preferito accompagnarlo fino all’albergo, ma lui non vuole arrecargli altro disturbo. Si salutano con simpatia, anche se non si erano nemmeno scambiati i nomi. Nel tornare a casa, lei sorrideva mentre guidava l’auto, ricordando l’evento. Avrebbe approfondito volentieri l’amicizia col giovane, ma da moglie e madre morigerata, c’era da mettere in conto, fin dove poteva, arrivava una simpatica amicizia. Sei mesi dopo, lei è a pranzo con la figlia la quale gli chiede se in serata può accompagnarla al centro. Il suo romanziere preferito è alla Feltrinelli per il lancio del suo ultimo libro. “Certo che ti ci porto, chi è questo famoso scrittore cui hai tanta ammirazione?”
“Non credo tu possa conoscerlo, in tutti questi anni, presa dal tuo lavoro, non ti ho visto mai leggere un libro.  Se tieni sapere di cosa scrive, in camera mia ho dei suoi romanzi, pensa, il primo l’ha scritto a soli diciotto anni ed è stato subito un grande successo, il titolo è ; Emozioni.”

Non appena la figlia esce per andare a studiare dall’amica, lei appaga la sua curiosità. È facile individuare il romanzo, è all’inizio della piccola biblioteca della figlia, dei tre sceglie il primo. Lui si chiama Piergiorgio Manetti, ha ragione la figlia il nome non evoca nessun ricordo in lei. La prima pagina è una dedica alla sua musa.
Parole non furono mai pronunciate. L’immagine il ricordo più bello! Alla mia musa, colei che ha ispirato queste mie righe. Dolce ricordo di un lontano mattino.
Lei inizia a leggere ma dopo poche righe si ferma sbigottita. Il lungo treno entra nella stazione lentamente, come se…Lui alita sul vetro e scrive CIAO……Lei prima sorride poi ……
La donna alza la testa dal libro, è incredula, nel frattempo il retro del libro si riflette nello specchio che ha davanti, mostrando la foto dell’autore! È lui, il ragazzo che lei salutò quando partì per l’Australia. Quando finisce di leggere, è quasi buio, nel frattempo è tornata la figlia. 

Ora è in auto, mentre la figlia è in coda con altri fans fuori la Feltrinelli per farsi autografare il libro. Non ha il coraggio mettersi in coda anche lei con gli altri. Dopo più di mezzora d’attesa decide d’entrare. Ha con sé il primo romanzo del ragazzo, come un automa entra in libreria, districandosi tra la moltitudine dei clienti, arriva quasi al tavolo. Lui con la testa giù firma libri su libri senza mai alzare lo sguardo, lei si avvicina e mette il suo primo libro sul tavolo. Solo allora lui alza la testa per vedere chi è il proprietario di quel suo primo libro. Entrambi rimangono a bocca aperta dalla meraviglia. Lui per il piacere di rincontrare…. Lei ancor di più, nel scoprire che il ragazzo che lei salutò venti anni prima, è il giovane che lei diete aiuto accompagnandolo all’ospedale sei mesi fa. Lei gli sorride senza accorgersi delle prime lacrime che gli rigano il volto. Lui non immagine il perché delle lacrime, si alza ad abbracciare la donna con molto entusiasmo. Contemporaneamente lei si stringe a lui con forza e calore, come avesse incontrato un amico, più di un amico, una cara persona che gli fa battere il cuore all’impazzato.



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