CHI LA FA, L'ASPETTA !

Guardo le punte delle mie scarpe, passo dopo passo mi avrebbero portata alla stazione del metrò, meditavo, la mia mente era un frullio di pensieri, si comincia un’altra settimana, alzati la mattina alle sei, un freddo cane, perché poi cane, qualcuno alla fine mi dovrà spiegare cosa centra il freddo con quella povera bestiolina, la colpa è sempre del più debole, mondo cane, porco cane, vita da cane, ma lui non è il migliore amico dell’uomo?Perché è la negazione di tutto quello che non ci piace? Forse perché lui non può reclamare. Comunque non era lui, sì insomma, non era il cane che mi preoccupava, ma Luca il mio ragazzo, aveva fatto una delle sue, questa volta non l’avrebbe passata liscia, gliela avrei fatto pagare, anche con gli interessi.
Era il motivo per il quale camminavo assorta nei miei proponimenti di vendetta, scendo il gradino del marciapiede mi trovo al centro della strada; sento un frastuono di tromba e uno stridere di freni, alzo la testa, un bestione d’autotreno sta per mettermi sotto le sue enormi ruote, rimango pietrificata dalla paura, ho il tempo di pensare; questo è l’ultimo attimo della mia vita. Chiudo gli occhi per non vedere, invece di sentirmi schiacciata da quel bestione, mi sento sollevare in alto, qualcuno o qualcosa mi tira, tira sempre più su.
Apro gli occhi e mi ritrovo nel mio letto con mia madre che mi tira per un braccio.
-Hai voglia a chiamarti tanto non serve a nulla, devo solo tirare giù dal letto, se hai qualche consiglio da darmi, di come svegliarti, sarà bene accetto.
Ma tu vedi cosa vado sognando, i brutti sogni sono frutto di una cattiva digestione, non avevo niente da digerire, ieri sera non ho mangiato, anzi ora che ci penso, ho una fame da lupo, perché poi lupo, mica solo loro possono avere un buon appetito, anche una ragazza di ventiseianni, che non ha mangiato niente la sera prima, può avere il vuoto allo stomaco come il mio in questo momento.Vado in cucina, mia madre ha già messo sul tavolo fette biscottate con marmellata di mirtilli, biscotti, tazza di latte scremato e il bricco del caffè ancora fumante.
L’abbraccio forte, forte, gli schiocco uno di quei rumorosi baci che a lei, dice ma non lo pensa, gli danno fastidio, ma io continuo a farlo tutte le mattine.Non posso quantificare ne definire l’amore che nutro per mia Madre, credo che non riuscirò mai a raggiungere quello che lei nutre per me.
-Mamma la devi smettere di alzarti alle sei per prepararmi la colazione, lo posso fare da me.
-Non preoccuparti, e non lambiccarti troppo, un giorno lo farai tu per i tuoi figli, è la vita che fa il suo corso.
Come darle torto. A ben riflettere la nostra vita è un movie che si ripete ad ogni ciclo hai voglia quante volte dovrai ripetere è dire le stesse cose: che tua madre a sua volta ha sentito da sua madre, che a sua volta ha sentito da sua madre, che a sua volta ha sentito da sua madre, che faccio vado avanti? Sì perché il motivo è questo, ripetereripetutamente sempre, non c’è raccomandazione dettata dall’esperienza del passato che serve al presente, oh dio! Che cavolo vo pensando.
Stamattina sono in vena di filosofesegiare, ma no, sono ancora nervosa per il brutto sogno, però ora che ci penso, è vero che ce lo di brutto con il mio ragazzo, è questo che non riesco a digerire, non il pasto inesistente, bene, bene bene, se è così dovrò stare attenta dove metto i piedi, e innanzi tutto guardarmi le spalle.Non è che sono superstiziosa, è meglio non provocare il can...ci riprovo, eh dai.
Saluto mamma, mi avvio verso il lavoro, la stazione del metrò dista poco da casa, faccio a piedi il tratto di strada che mi divide, il nuovo giorno che spunta con la sua alba non è tanto bello da vedere, è grigio e tetro, fa un freddo ca…, no, non lo dirò più. Fa un brutto freddo, perché scomodare i cani che dormono, con questo freddo e a quest’ora poi.
Chi ha affermato che i vecchi e buoni consigli non servono, ha mentito.
La strada in discesa mi spinge verso l’entrata del metrò, come il solito c’è tanta gente ad aspettare, il treno entra in stazione, la gente fa ressa per salire, a mia volta cerco di penetrare l’orda, riuscirò ad arrivare al pedalino del treno?, sto per salire quando sento due mani sui miei glutei che mi spingono.
-Guarda che quello è il mio sedere non quello di tua sorella, tira via le tue manacce.
Dico al giovanottone che mi sta spingendo.
-Porca vacca, scusami credevo fosse il mio amico, ha i tuoi stessi pantaloni, fino a poco fa mi era davanti, ecco vedi è davanti a te.
Il poverino ha ragione, ho davanti un ragazzo quasi la mia figura con gli stessi pantaloni. Lui intanto continua a guardarmi aspettando che io lo perdoni, cribbio si è fatto rosso come un peperoncino calabrese, mi viene da ridere, non pensavo ci fossero, ancora, ragazzi che possono arrossire d’imbarazzo.
Anche lui ora sorride, si sta scolorendo è diventato un roseo chiaro
. -Non credere che me la bevo.
-Prof. mi creda non è mio costume, non farei mai un approccio di questo genere.
-Mi conosci ?
-Lei è la prof di mio fratello Michele, Michele Staiano per capirci, lo vista qualche volta che ho accompagnato mio fratello con la moto, questa mattina non è voluta partire. Lo sa che visto da vicino è molto più bella? mio fratello afferma che tutto la classe è innamorata di lei, ora capisco il perché, non anno tutti i torti.
-Che fai ci provi, o speri di farti perdonare adulandomi.
-Mi sono permesso sapendo che lei è una liberal, di pensiero e di fatto, ho mi sbaglio?
-Mi dispiace di non poterti dare ragguaglio al riguardo, devo prepararmi a scendere, rimandiamo in altra data la nostra locuzione.
Vado via perché il ragazzo stava quasi per mettermi in imbarazzo, oddio non è poi tanto ragazzo, penso che avrà più di ventenni. Perché me lo sto augurando?
Alzo la testa, lui mi sovrasta di un buon venti centimetri, vedo due occhi verdi in una carnagione cotta dal sole, deve fare molto sport all’aperto, ecco perché me l’auguro, mi dico.
È una distorsione professionale quello di considerare i miei coetanei ragazzi.
Non sono di ruolo, anche se le mie supplenze durano da quasi un anno all’istituto Umberto Primo, forse perché mi ritengono una brava, nel mio campo, non voglio essere modesta asserendo, come ha detto il giovanotto, che sono anche una piacevole giovane donna, non mi sfuggono l’occhiate bramose dei miei colleghi, è molto spesso, d’invidia delle colleghe.
L’anno scorso mi chiamò la preside dell’Umberto, per una maternità, che poi si è prod’atta più del dovuto. Lei, la preside, non ha voluto privarsi del mio apporto professionale.
Io ricambio la sua stima nei miei riguardi, dedico tutte le mie forze e capacità all’insegnamento, e credo di avere avuto dei risultati a riguardo. Come ha detto il giovanotto i ragazzi mi adorano, e non solo loro.
Per poco non mi dimentico di scendere alla mia fermata.
Perché continuo a pensare a quel ragazzo? Non reputo normale il mio stato d’animo. Faccio analisi.
Il giovanotto è simpatico e nemmeno stupido, il caso è stato alquanto particolare, il battibecco pronto e svelto, me ne sono andata perché forse avrei detto qualcosa che avrebbe potuto ferirlo, e non volevo. Il punto è questo, perché non volevo? Marta, Marta, non me la conti giusta.
Marta è il mio nome Taddei il cognome, nata a Roma ventisei anni fa, da padre Giurista e mamma Insegnante.
Nel frattempo arrivo sulle scale del liceo, qualcuno mi chiama.
-Marta.
È Savelli il collega della terza B.
-Ciao Savelli, dimmi.
Spero tanto che non sia una scusa per attaccar bottone, non ho più modo come fargli capire che non m’interessa, mia madre afferma che il peggior sordo è colui che non vuole sentire, in questo caso il criterio calza a pennello
-La sai la novità.
-No Savelli non la conosco, mi devi scusare vado di fretta, sono in ritardo e non ho ancora firmato, me la racconti una altra volta, ciao.
Taglio corto, so quali sono le novità di Savelli, le solite dicerie fra colleghi, ho che riguardano la direzione, non ho mai approfondito se me le dice per attaccare bottone o perché si diverte a sparlare.
Tiro non sospiro di sollievo, sono in classe.
-Buon giorno ragazzi
Un piccolo coro mi risponde.
- Buon giorno Prof.
Non tutti lo fanno, cioè salutare, mi basta che lo faccia la prima fila.Faccio l’appello, quando arrivo a Staiano inconsapevolmente mi soffermo, guardo Michele, cerco di vederci una rassomiglianza con il fratello, solo ora noto che anche lui ha dei meravigliosi occhi verdi.
La giornata vola via, è con lei anche i ragazzi.
Sono l’ultima ad uscire dall’aula, lo faccio tutti i giorni. Vedo con la coda dell’occhio scendere le scale del piano di sopra il Savelli, giro la testa, a passo piuttosto sostenuto mi avvio verso l’uscita della scuola.
Il pomeriggio lo passo bighellonando tra i negozi del centro, devo assolutamente trovare una cosa che può fare felice mia madre, sono giorni che mi riprometto di farlo, non lo so cosa cerco, se la vedo sono sicuro di riconoscerla. Quello di fare regali ha mamma è il mio divertimento, lei si schernisce sempre, so che gli fa piacere riceverli.
Forse è anche una scusa per non tornare a casa presto, sicuramente Luca sta cercando di mettersi in contatto, per farsi perdonare, ho lasciato il telefonino a casa di proposito, mamma mi direbbe di rispondere, e se non lo faccio io, lo fa lei.
Mi chiedo se la mia non è una stupidata, in fondo il poverino forse avrà anche ragione, però ciò non toglie che l’altra sera la sua insistenza nell’ammirare l’intelligenza e la simpatia di Flavia, una nostra conoscente, mi ha dato molto fastidio, anche perché lui lo sa.
Guardo nella vetrina di un negozio una meravigliosa vestaglia celeste chiaro, il colore preferito da mia madre, non ho perso invano il mio tempo. Dopo avermela fatta impacchettare torno a casa.
-Ciao mamma, sono qui.
Non mi risponde, sarà sicuramente annaffiando il suo piccolo giardino fuori sul terrazzino. Mamma non cambierebbe le nostre tre camerette con un appartamento di dieci vani. In quei pochi metri quadrati del terrazzino lei ha creato il suo paradiso, fiori e piante d’ogni specie, è difficile, per chi non conosce come muoversi, districarsi fra tutte quei vasi e vasetti.
Si era fatto sera, e lei con la sua zappettina a sfruguliare tra il terriccio dei vasi.
-Mamma come fai a muoverti anche al buio.
-Ti ha telefonato Marco ogni mezzora, lo dovuto sgridare, ha pensato che io non volevo passarti la telefonato, tu poi ti vai ha dimenticare il telefonino, faresti bene a telefonargli, è preoccupato per te.
-ok mamma, dai vieni dentro, incomincia a cadere l’umidità della sera, poi ti lamenti per i dolori.
Il telefono squilla, mamma mi dice perché non rispondi, alla fine stacco la presa. Ceniamo, gli faccio la sorpresa, mi dice che non è il suo onomastico o compleanno, le do un bacio.
-Oggi ti ho pensato, poi ho visto questa vestaglia del tuo colore preferito, non ho resistito. Sapevo che ti avrebbe fatto piacere. Ora prendo un bel libro e vado a letto.
-Pensi troppo a me, cerca di pensare di più a qualcun altro, tu sai chi.
Non riesco a trovare la concentrazione, continuo a girarmi per trovare una posizione comoda.
L’ultima cosa che ricordo, prima di addormentarmi, sono due meravigliosi occhi verdi.
Ho anche loro hanno fatto parte del sogno?.
Al risveglio sono tutta eccitata, un po’ me ne vergogno.
È stato un magnifico sogno, mi sento appagata in tutti i sensi, corro in bagno, apro il rubinetto per rinfrescarmi, poi penso che una doccia è più appropriata, sotto il tepore dell’acqua tiepida, la sensazione delle carezze che mi hanno ghermita tutto il corpo, facendomi sentire brividi di piacere che non provavo da molto tempo. Mi avvolgo nell’accappatoio, mi asciugo, nello specchio la mia immagine, una vampata di calore mi sale dal ventre al viso, mi dico, ora sei tu che hai qualcosa da farti perdonare.

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